25 Gennaio 2021
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Osteoporosi ed esercizio fisico: definizione, relazione, raccomandazioni

Supponiamo che domani finisca il cioccolato nel mondo, e che voi ne abbiate in dispensa 500g mentre io 1kg perché sono tremendamente goloso. Se ogni giorno ne mangiassimo più o meno la stessa quantità, ad un certo punto voi vi ritrovereste senza mentre io ne avrei ancora un bel po’.

No, non credo ci sia una correlazione tra osteoporosi e cioccolato, l’esempio è però funzionale a spiegare un concetto che vedremo meglio più avanti nell’articolo!

L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da una ridotta densità ossea e da un peggioramento della qualità strutturale dell’osso, risultando in una diminuzione della resistenza dello scheletro. Questa condizione aumenta il rischio di fratture ossee nei soggetti affetti dalla malattia (6).

Nel 2015 in Italia erano circa 4 milioni i soggetti sopra i 50 anni affetti da osteoporosi, in gran parte donne e oltre gli 80 anni di età. Le regioni anatomiche più colpite da fratture osteoporotiche sono il collo del femore, il polso, le vertebre: nel 2017, in Italia, si segnalano circa 563.000 fratture ossee correlate all’osteoporosi con un impatto economico che supera i 9 miliardi di euro. Entro il 2030, ci si aspetta un aumento del 22,4% delle fratture da osteoporosi (8).

Questa premessa noiosa era dovuta, e mi permette di introdurre l’argomento dell’articolo: esiste una relazione tra osteoporosi ed esercizio fisico? È possibile prevenire questa patologia con un intervento assolutamente non invasivo quale l’attività fisica? In che modo?

Il mondo scientifico concorda sulle potenzialità dell’esercizio fisico sia nella prevenzione sia nel trattamento dell’osteoporosi: attenzione, con questo non intendo dire che se di fronte ad una diagnosi di osteoporosi iniziate ad allenarvi, questa magicamente sparisce, sarebbe bello. Entriamo più nello specifico nella differenziazione di prevenzione e trattamento.

Sappiamo che la BMD - Bone Mineral Density tradotto densità minerale ossea -, raggiunge il suo picco entro i 25 anni di età. Tuttavia, non tutti i picchi sono uguali, mi spiego: supponendo di prendere due gruppi di ragazze omogenee per età di cui uno di sedentarie e l’altro di sportive costanti, la BMD media delle ragazze del secondo gruppo sarà maggiore. Questo perché è stato dimostrato che gli stress imposti dal carico meccanico, sopratutto se ad alto impatto e con sovraccarichi, risultano in un’aumentata densità dell’osso (1, 3). Ecco il significato di prevenzione: sapere che se la vostra bambina di 8 anni inizia a fare attività fisica (meglio se sportiva ndr.) oggi, potrebbe beneficiarne fra 50 anni. 

Ora possiamo finalmente dare un senso alla storia del cioccolato: la perdita di densità ossea è un processo influenzato da tantissimi fattori che non andremo ad analizzare qui, ma la cosa fondamentale da tenere a mente è che è un processo fisiologico. Succede a tutti, a chi più, a chi meno; a chi più velocemente, a chi in modo più progressivo. Quel che è certo, è che il cioccolato in dispensa lo mangiamo tutti. La quantità che possediamo in partenza è tuttavia variabile e dipende dalle abitudini che abbiamo mantenuto nel corso della vita. È necessaria una precisazione onde evitare incomprensioni: proprio perché fisiologica, la riduzione della BMD non determina necessariamente la comparsa di osteoporosi. Affinché la patologia sia diagnosticata, è necessario quantificare la perdita di BMD attraverso un esame che si chiama densitometria ossea.

Accettato questo destino diventa interessante provare a trovare un modo per ritardare l’avanzamento del processo.

Seppur vero che gli anziani sono i soggetti più colpiti dall’osteoporosi, sarebbe un errore considerare questa patologia come causa di tutte le fratture. Un osso osteoporotico risulta, come abbiamo detto, più fragile. Il che significa che un banale urto, una caduta, una forza compressiva normalmente sopportabili potrebbero in questi casi portare ad una frattura. Partendo da questa informazione possiamo cominciare a costruire un ragionamento che ci porti a determinare quali esercitazioni possono fornire i risultati migliori:

        • il rinforzo muscolare ha il beneficio di fornire una maggior autonomia nella vita quotidiana; essendo alcuni muscoli deputati alla stabilizzazione delle articolazioni, è utile agire in questo senso (cfr. https://lacestraining.com/joint-by-joint-approach-conoscerlo-per-allenare-meglio/)
        • l’allenamento propriocettivo, adattato alle abilità del soggetto, riduce il rischio di cadute grazie alla stimolazione dell’equilibrio;
        • il mantenimento di una buona flessibilità assiste il rinforzo muscolare e riduce i compensi, ad esempio, nella deambulazione.

La letteratura dà alcune importanti indicazioni sui settori sui quali concentrarsi: il potenziamento dei muscoli estensori del dorso è un intervento fondamentale per ridurre le fratture vertebrali da compressione, così come le esercitazioni con una spiccata richiesta di controllo posturale durante il movimento hanno un forte impatto nella riduzione del rischio di cadute. Tra le attività indicate per questi scopi sono riportate lo Yoga (5), il Pilates, il potenziamento con sovraccarichi ovviamente adattato alla condizione del soggetto.

Sono fortemente indicate le attività a prevalente impegno aerobico che prevedono di sostenere il peso del corpo in movimento: tra queste la camminata, il jogging, la salita e discesa delle scale, il ballo, il tai chi (4), molte delle quali sono inoltre praticabili all’aria aperta, con tutti i benefici che ne conseguono (cfr. https://lacestraining.com/allenamento-outdoor-vantaggi-e-benefici/).

Volendo quantificare, in letteratura si consigliano mediamente 30-60 minuti di attività aerobica quotidiana mentre le esercitazioni di rinforzo sono consigliate 3 volte a settimana (7, 2).

Ora mi rivolgo direttamente ai professionisti del settore. È necessario porre l’attenzione su un dettaglio: sebbene l’attività fisica abbia il potenziale per migliorare realmente la qualità di vita delle persone affette da osteoporosi e in generale degli anziani, non possiamo permetterci di dimenticare che l’allenamento è uno stress e come tale va modulato. Un programma intenso di esercizi proposto senza gradualità può causare danni articolari e persino fratture da stress. È quindi fondamentale strutturare una progressione del carico che tenga conto delle percezioni del soggetto, della condizione di partenza, del livello di coordinazione, della capacità di equilibrio e lavorare nel massimo livello di sicurezza.

Qui più che mai il nostro motto calza a pennello